Limentani Mario

 
Limentani Mario

nato nel 1927
Roma

7 Racconti

6.6 min
Non è stato facile trovare subito lavoro, poi la vita ha ripreso il suo corso: Mario nel 1949 ha sposato una ragazza ebrea che abitava nella stessa strada. Hanno avuto quattro figli. Adesso Mario è impegnato nella testimonianza con i ragazzi delle scuole, li accompagna a Mauthausen nel viaggi della memoria
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16.1 min
Il 3 maggio spalancarono le porte del campo di Melk. I tedeschi erano scappati ma ancora gli americani non erano arrivati. I deportati diedero subito l’assalto ai magazzini: morirono centinaia per il troppo mangiare all’improvviso. Gli americani arrivarono il 6 maggio. Mario non riusciva nemmeno a piangere. Era stordito, pesava 24 chili e due etti. Venne portato da un ospedale all’altro. Era ormai il 27 giugno quando rientrò in Italia arrivando a Bolzano. Il medico del campo profughi avrebbe voluto tenerlo ancora in ospedale ma Mario lo convinse a farlo partire per Roma. Arrivò a Roma la mattina presto. Prese prima una camionetta per andare a Santa Maria Maggiore e poi la circolare rossa. Gli chiesero perfino il biglietto. A Ponte Garibaldi incontrò un vecchio amico che lo accompagnò in piazza e fu tutto un giubilo: era tornato il veneziano. A casa Mario trovò che i genitori, il fratello e i tre nipoti, quelli che si erano nascosti con lui il 15 ottobre, si erano salvati tutti. Della famiglia della cognata, 14 persone, è tornato uno solo. La cognata non si è salvata.
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9.1 min
A Melk non c’era forno crematorio, i deportati venivano selezionati per stabilire che poteva continuare a lavorare e chi doveva andare a Mauthausen per l’eliminazione. Mario di solito si dava degli schiaffi per acquistare colorito ma un giorno fu mandato a Mauthausen insieme al carico di morti perché ebreo. A Mauthausen ha nascosto la stella gialla, si dichiarò italiano e venne mandato infermeria dove c’era un certo Paolino, spagnolo, a cui Mario sgraffignava le sigarette con cui faceva commercio e rimediava un po’ da mangiare. Ma dopo un mese alla selezione il medico si accorse che Mario aveva le piaghe non guarite e venne selezionato per l’impiccagione. Fu Paolino a salvarlo: lo inserì in un gruppo che la mattina dopo veniva rimandato a Melk.
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13.3 min
Mario venne mandato al sottocampo di Melk dove si trattava di scavare le gallerie dove i tedeschi avevano trasferito le fabbriche di armi. Nel campo ha visto e ha subito cose terribili. Un giorno vennero presi alcuni numeri di matricola tra cui il suo. A tutti quelli che entravano nella baracca un tedesco levava tutti i denti. A Mario ne hanno strappati solo dodici perché era stato, come al solito, l’ultimo ad entrare. Non s trattava di esperimenti, era per il loro divertimento. Un giorno il comandante del campo portò il figlio che compiva 18 anni, lo mise davanti a 40 deportati, gli diede la rivoltella e gli disse d sparare a tutti visto che adesso era un uomo. Agli inizi di maggio del 1945 si cominciò a sapere che gli americani erano vicini. Le SS cercarono di convincere i deportati a rifugiarsi nelle gallerie: avevano minato tutto e avevano intenzione di eliminarli per non lasciare testimoni. Non ci andò nessuno.
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13.8 min
A Mauthausen arrivarono in 480. All’appello gli 11 ebrei del gruppo vennero separati dagli altri. Per cinque ore un tedesco li picchiò a cazzotti. Solo dopo li mandarono alla rasatura e a fare la doccia. Gli venne consegnato il numero che bisognava imparare a memoria in tedesco. Il giorno dopo vennero mandati al blocco n.5 dove un francese disse loro che erano i primi ebrei che venivano risparmiati nel campo: tutti quelli che erano arrivati prima erano stati mandati subito alla camera a gas e poi al forno crematorio. Il lavoro consisteva nel trasportare in cima alla scala della morte i grossi massi di granito che venivano tagliati giù nella cava. Tutto questo per dodici ore al giorno. Ogni giorno morivano molte persone, a volte spinti giù dai tedeschi stessi. Alla fine del turno bisognava portare su anche i morti.
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8.2 min
Mario continuò a nascondersi e a lavorare finchè una mattina a via Cernaia venne fermato dalla polizia. Vide con la coda dell’occhio che stava passando un tram, cercò di scappare ma c’era un altro poliziotto in borghese che gli puntò una pistola alla nuca. Venne portato al carcere di via Montebello dove gli proposero la libertà in cambio della consegna di tutti i familiari. Mario ovviamente rifiutò e venne mandato a Regina Coeli. E da lì il 4 gennaio del 1944, in catene, vennero portati alla stazione Tiburtina. Hanno viaggiato due giorni e due notti in carro bestiame, stipati in settanta persone e sono arrivati a Monaco di Baviera. Da Monaco al campo di Dachau. E l’11 gennaio vennero portati a Mauthausen.
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9.4 min
Mario è nato a Venezia e al’età di 13 anni è venuto a Roma con i genitori ce volevano ricongiungersi al figlio maggiore sposato con una ragazza romana. Sono venuti ad abitare in Ghetto, il padre faceva il ciabattino e aveva un portierato. Erano una famiglia povera e le cose peggiorarono con le leggi razziali quando perse il lavoro. Mario venne cacciato da scuola e cominciò a fare il venditore ambulante ma tutte le volte che passavano le guardie, la merce veniva requisita. Speravano che con la caduta del fascismo la guerra finisse invece arrivò l’8 settembre, Kappler con la richiesta dell’oro agli Ebrei di Roma e poi il rastrellamento del 15 ottobre. Quella mattina erano tutti in casa. Mario e il fratello si infilarono subito in un cunicolo che dalla cucina portava ad uno spazio nascosto. Convinsero a nascondersi anche i genitori e i tre figli del fratello. La moglie del fratello che aspettava il quarto bambino non volle andare, i tedeschi buttarono giù la porta e la portarono via insieme alla sorella e ai genitori.
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